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22/05/2017
Matteo non ci incanti più
Le “magliette gialle” nei luoghi del sisma accendono le polemiche.
La terra ha iniziato a tremare ad agosto 2016, nella notte tra il 23 e il 24. Una forte scossa nel cuore della notte ha fatto balzare dal letto milioni di italiani. Il terremoto ha raso al suolo Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto.
Poi ancora, il 26 e il 30 ottobre. Altre due violente scosse hanno colpito  in particolare il confine tra Umbria e Marche devastando Norcia.
Ancora il 18 gennaio, altre tre violente scosse, di magnitudo fino a 5,4. Il terremoto è andato a colpire ancora le zone già messe a dura prova dai precedenti terremoti. L'epicentro è tra l'Aquila e Rieti, tutto questo è reso ancor più drammatico dalla neve che si è abbattuta nelle zone dell’epicentro.
Il cuore dell’Italia è letteralmente messo a dura prova, si perché in soli 5 mesi otto scosse di magnitudo maggiore a 5 hanno messo in ginocchio le Marche, l’Abruzzo, il Lazio e l’Umbria.
 
C’è gente che soffre, e dopo mesi dall'ultima scossa si trova ancora in condizioni di gravissimo disagio.
Il Commissario Straordinario Errani non ha fatto altro che emettere ordinanze, tutte fin troppo burocratiche, le quali hanno il compito di disciplinare le modalità di affidamento di incarichi ai tecnici, di appalti, ecc. Al di là dei dubbi di legittimità dei provvedimenti di Errani che francamente appaiono essere in contrasto con una serie di principi costituzionali, il dato che sbalordisce è che, pur avendo l'Italia in media un terremoto ogni due anni, non siamo ancora riusciti ad avere una disciplina preventiva che affronti con lungimiranza queste emergenze. 
Insomma, con il solito sistema di chiudere le stalle quando i buoi sono già fuori, ci permettiamo il lusso di teorizzare norme che affrontino i terremoti tre o quattro mesi dopo che essi sono accaduti.
In questo quadro a dir poco grottesco, i terremotati sono o ancora sfollati o in container o peggio in case isolate lesionate dal terremoto e non abbandonate solo per non lasciar morire le aziende agricole. A volte sembra proprio che manchi il buon senso ed una organizzazione di sistema.
Badate bene, il paradosso è che il Parlamento ha messo a disposizione risorse economiche, ma fino ad ora si è perso tanto, troppo tempo nel programmare, discutere e sostanzialmente non concludere. 
Io credo che i nostri costosissimi Consigli Regionali ed il nostro Parlamento con ben 930 Onorevoli e Senatori potrebbero svolgere la loro funzione lavorando non in via emergenziale postuma ma in via preventiva. Insomma, si è perso molto tempo, si sono fatti molti errori, la gente è lì che soffre e non capisce quanto tempo debba passare prima che siano date risposte concrete.
In questo contesto apocalittico, il neo segretario del PD, Matteo Renzi se ne esce con un iniziativa a favore dei terremotati, si fa per dire, si infatti egli vuole portare le “magliette gialle” nelle zone del cratere.
Caro Matteo io credo che i cittadini, già enormemente sfiduciati dalla politica  non apprezzino assolutamente questa tua idea. Alla gente non serve parlare con la dirigenza nazionale del Pd, per i problemi di tutti i giorni ci sono i sindaci che, seppur bloccati dalla burocrazia, non mollano e cercano di ricostruire al meglio le proprie comunità. Oggi, a oltre otto mesi dal sisma, i territori hanno bisogno di risposte celeri e in questa fase i parlamentari del partito di Governo invece di perdere tempo in sterili operazioni mediatiche, a mio avviso anche di cattivo gusto, potrebbero lavorare e magari rivedere il modello d’intervento fin qui utilizzato. Non servono spot, campagne pubblicitarie o annunci, la gente aspetta fatti e risposte, cosa che il tuo Partito Democratico a questo punto è chiaro che non è capace di dare.
Caro Matteo ora la misura è colma. Pensate amici, il segretario del Pd Renzi mobilita i propri militanti, per fare quello che i presidenti del Consiglio del Pd (Renzi e Gentiloni) e il Commissario straordinario nominato praticamente dal Pd medesimo, non hanno fatto per mesi. Quel partito governa il Paese, governa tutte le Regioni coinvolte dal sisma sui due versanti dell’Appennino. In quelle realtà, dopo quasi un anno, in molti casi non si è mosso nulla, non c’è traccia delle ‘casette’ provvisorie per le abitazioni, né per le attività produttive.
 
Luca Cappelli

 




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