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27/02/2017
Scissione a sinistra e impegno dei cattolici
La sfida europea รจ il terreno principale dal quale far partire la riappropriazione del ruolo politico dei cattolici
Sulla scissione del PD si sono dette molte cose, ma con lo sguardo troppo rivolto all’immediato. Ad esempio la questione riguardante i tempi del congresso – forse complici le contraddittorie dichiarazioni del governatore Emiliano – è stata enfatizzata, non collegandola alla scivolosa separazione che aveva accompagnato gli ultimi tre anni e cioè tutta la fase renziana della segreteria. La “scissione” con una parte tradizionale dell’elettorato di sinistra e il fallimento delle forzature maggioritarie di Renzi, avrebbero reso necessaria nel PD una fase congressuale di ampio dibattito per ricostruire un rapporto interno ormai lacerato. La scissione era già nei fatti, i tempi stretti voluti da Renzi l’hanno resa necessaria. Del resto quando il leaderismo diventa personale ed esasperato, l’unica alternativa è la separazione, come hanno dimostrato altre storie partitiche di questi anni.
L’abbandono di Bersani, D’Alema, Epifani, Speranza, Rossi ai quali si sta aggiungendo Errani, toglie al partito una parte importante di quell’anima socialista che aveva accettato, a suo tempo, la strada dell’Ulivo, cioè l’incontro con i cattolici democratici , anche se non rassegnata a ceder loro l’egemonia. In fondo, pur nella difficile “fusione a freddo”, si era trattato dell’antico sforzo di ricostruire quell’”intreccio” che aveva avuto modo di esprimersi al tempo della costituente. Che fosse destinato a fallire era nelle cose, ma si era trattato di una ipotesi politica di un certo spessore storico. Oggi Prodi piange sulla scissione e la Bindi gli fa eco, ma il latte era stato già versato.
Nel PD, la riconferma di Renzi, pur sconfitto nei suoi principali obbiettivi, appare – complici le procedure del congresso “a rito abbreviato” - meno contestabile, anche se non offre una prospettiva politica vincente. I suoi avversari congressuali richiedono un rapporto interno più dialogante, gli rimproverano il metodo e non la sostanza del suo programma. Messi a confronto, mentre Renzi presenterà una piattaforma costruita su liberalizzazioni e futuro, nuovi spazi dell’utopia tecnologica, cioè un leaderismo vestito da “nuova frontiera” - vedi il viaggio in America - i suoi competitor (Emiliano e Orlando) non possiedono un vero retroterra politico e culturale, ma un vago riferimento all’elettorato di sinistra da “ascoltare” e niente più.
Il quadro del dopo scissione si presenta, quindi, tra la nascita di una ”cosa rossa” e la probabile conferma a capo del PD “liberal”, sempre più orientato sulle linee del relativismo a cominciare dai cosiddetti diritti civili. E’ quindi evidente che in tutto questo si deve registrare l’ assenza di quella che venne considerata una parte fondante della sinistra negli ultimi venti anni, i cattolici democratici.
Che il Requiem fosse suonato da tempo era noto , ma neppure una vicenda così traumatica nel PD ha saputo risvegliare ruolo e contenuti politici di quella posizione , giudicata, in modo inappropriato, come la strada obbligata e vincente del dopo Democrazia Cristiana.
Oggi con ancora maggiori argomenti possiamo, quindi, confermare il giudizio negativo sul ”suicidio” di una parte del cattolicesimo politico e che ha finito per contribuire alla irrilevanza partitica dei cattolici, anche se presenti nella società civile. A riprova di tutto ciò va ricordato l’abbandono del popolarismo europeo da parte di quella che è stata prima una componente dell’Ulivo e, successivamente, del PD, con la confluenza nel PSE e poi verso i “socialisti e democratici”.
Anche questa vicenda della scissione del PD, oltre agli aspetti più propri e tradizionali della sinistra, chiama quindi in causa la questione, forse, più rilevante della politica italiana. E cioè quanto l’assenza dei cattolici contribuisca alla difficoltà della ricostruzione di una centralità che sappia cioè equilibrare un quadro politico, non solo italiano, nel quale montano linee, movimenti e tensioni estremiste. Nell’anno del sessantesimo anniversario del Trattato di Roma è inimmaginabile che proprio quella cultura politica che ha avuto il merito storico di offrire il maggior contributo alla costruzione europea, si mostri assente in Italia, o rischi di ridurre la sua influenza in Europa.
La sfida europea è il terreno principale dal quale far partire la riappropriazione del ruolo politico dei cattolici. A cominciare dai contenuti. Poiché la questione del 2017 sarà la riconferma o meno della costruzione europea, si deve affermare, senza esitazioni o incertezze, che la scelta di stare con l’Europa sarà il discrimine per una politica schierata nei termini del popolarismo con grande dignità culturale e che sappia guardare lontano.
Pietro Giubilo
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