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18/01/2017
La rifondazione dello Stato costituzionale a partire dalle tesi di E.W. Böckenforde Critica al pensiero habermasiano
Senza un fondamento religioso, etico e prepolitico lo Stato democratico non può garantire il proprio vincolo societario su base puramente secolare e temporale
Ethos e demos, oltre il confine del perimetro terminologico del filosofico, possono declinarsi come elementi ontologici, sostanzialmente non giuridici, strumentali alla ricerca epistemologica sulla fondazione dello Stato costituzionale.
L’analisi del percorso fondativo della forma statuale democratica muove dalla tesi di Ernst-Wolfgang Böckenförde, ex giudice della Corte Costituzionale tedesca e docente in diritto costituzionale e in filosofia del diritto, per cui «lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che non è in grado di garantire. Questo è il grande rischio che esso si è assunto per amore della libertà».
Ed invero, secondo Böckenförde, la democrazia in Occidente (a partire dal moderno costituzionalismo) non ha un fondamento proprio né per la sua legittimazione, né per la sua efficacia. Da una parte lo stato liberale può esistere solo se la libertà, che esso garantisce sulla carta ai suoi  cittadini, si regola dall’interno, dalla moralità dei singoli e dai valori condivisi della società. Dall’altra parte però, proprio per la sua laicità costituiva, esso non possiede i presupposti spirituali e valoriali sui quali raccogliere l’adesione dei cittadini. Lo Stato costituzionale moderno, quale versione aggiornata della forma liberaldemocratica ottocentesca, non appare così in grado di guidare quelle forze regolative interne attraverso i mezzi della coercizione giuridica e del comando autoritativo, se non rinunciando alla propria liberalità e ricadendo nello stesso totalitarismo da cui aveva tentato di togliersi dopo la caduta dei regimi autocratici.
Del resto, non è possibile fondare il legame di sovranità solamente attorno all’espressione formale dello Stato giuridico, a processi di democrazia proceduralizzata che allontanano dall’espressione del potere, esercitato nei modi e nelle forme delle democrazie parlamentari per mezzo della sovranità del popolo.
Appare chiaro che il legame unificante (ethos) di una comunità deve precedere la formazione dell’ordine pubblico e giuridico che intende dotarsi di un impianto costituzionale.
Contrariamente alla tesi di Habermas, per il quale lo Stato liberale moderno (ovvero quello costituzionalizzato) non ha necessità di ricorrere a fonti legittimanti esterne morali o religiose, di tipo ideologico o pre-giuridico, in quanto ciò metterebbe in pericolo le premesse di laicità e neutralità dello Stato secolarizzato, per Böckenförde lo Stato nella sua formalità esteriore esprime essenze e contributi che appartengono alla natura di un popolo.
Nella concezione positivistica invece non vi è spazio per elementi etici o prepolitici che rintracciano la loro sostanza in forme logiche e cognitive di assistenza metagiuridica per la giustificazione della fondazione dello Stato moderno.
La pretesa di validità dello Stato moderno per Böckenforde non può prescindere da elementi fondativi non giuridici o prepolitici in quanto nessun ordinamento può dirsi autoreferenziale, legittimandosi a partire dalle proprie procedure di produzione giuridica democratica.
Muovendo da tali assunti, se riteniamo che l’approdo fondativo del processo di secolarizzazione sia la Costituzione e la genesi di un ordinamento giuridico a garanzia dei diritti e delle libertà individuali, non si può escludere che il potere di uno Stato, che non può dirsi solo costituito, partecipi altresì di una natura anteriore al diritto, come del resto asseritamente confermato dalle teorie sul moderno costituzionalismo in tema di essenza del potere costituente.
L’errore di Habermas appare principalmente quello di ridurre la dinamica della edificazione dello Stato moderno alla dialettica comunicativa e cognitiva, ovvero in termini di razionalità discorsiva.
Una razionalità comunicativa, pratico-emancipativa che conduce alla formazione collettiva di volontà mediante procedure dialogiche, di comunicazione e confronto, libere, sottratte a ogni forma di controllo e di condizionamento e aperte alla partecipazione e al contributo di ciascuno.
L'etica del discorso o della comunicazione che ne discende consente di ripensare la politica come lo spazio nel quale si possono definire consensualmente le finalità del vivere comune e si può raggiungere un'intesa riguardo ai bisogni e agli interessi di tutte le persone coinvolte.
Non può omettersi di considerare che la razionalità post-kantiana con cui Habermas affronta il tema della fondazione dello Stato appare ancor più parziale laddove si ritiene che la natura secolare dello Stato costituzionale democratico sia autonoma ed in sé abbia la pretesa di risultare razionalmente accettabile ai suoi cittadini a partire dall’intesa e necessità di verità che essi si danno nella dinamica relazionale del discorso, del tutto indipendente da variabili e tradizioni metagiuridiche, politiche, etiche e religiose.
Una comunità politica, centro e fine dell’azione statuale, non è solo l’oggetto destinatario di norme legali ma deve esserne innanzitutto il soggetto autore.
Solo così essa diviene dêmos di una democrazia, abitante in un orizzonte di significato entro cui sia i cittadini che le istituzioni comprendono e giustificano la loro condotta. E questo orizzonte è tecnicamente di natura religiosa, nel senso che consegna ai suoi abitanti un’immagine stabile di quali siano gli interessi ultimi della comunità, alla luce della sua identità formatasi dal passato, nel presente, per il futuro.
Senza un fondamento religioso, etico e prepolitico lo Stato democratico non può garantire il proprio vincolo societario su base puramente secolare e temporale, soprattutto laddove quei legami originari, ethos appunto, rappresentano il nucleo essenziale della fondazione o rifondazione della sua soggettività, ben oltre il limite della razionalità dialettica.
Secondo l’interpretazione di Nicoletti «la secolarizzazione dello Stato moderno, ossia il suo progressivo emanciparsi dall’essere uno strumento al servizio di un unico scopo religioso o morale, non deve essere visto solo come un impoverimento della politica, come una sua riduzione a mera procedura: al contrario, la capacità della politica moderna di far convivere pacificamente gli individui e gruppi diversi consentendo loro di perseguire liberamente i loro disegni di felicità non è una diminuzione ma un incremento della sua importanza».
La democrazia è una forma di Stato che non è nata artificiosamente da un progetto mentale umano, bensì è il risultato di un lento processo storico e proprio per questo è dotata di un ethos inteso come orientamento valoriale minimo, come sostanza storico-culturale configuratasi attraverso il corso degli eventi concreti per diventare, alla fine, il sostegno fondamentale degli ordinamenti democratici.
L’ethos rispecchia per ciò il percorso storico che ha portato alla nascita dello Stato moderno nella sua forma democratica, per cui comprende in sé tutti quegli elementi storici, politici, culturali, che nel corso degli eventi hanno reso possibile il raggiungimento di un ordinamento liberale.
Questa convergenza assiologica comune viene condivisa da tutti coloro che appartengono ad uno Stato e rende quindi possibile la convivenza di individui tra loro spesso diversi per concezioni del mondo, cultura e religione.
Lo scopo della democrazia liberale secolarizzata è proprio questo: la convivenza pacifica dei suoi membri in nome della libertà e non il perseguimento della vita buona attraverso il ricorso ad un diritto legato a una specifica morale che finirebbe per tradursi nelle forme dello Stato etico.
 
Pietro Mancini
 
 
 
1 E.-W. Böckenforde, La formazione dello Stato come processo di secolarizzazione, in P. Prodi – L. Sartori (a cura di), Cristianesimo e potere, EDB, Bologna, 1986.
 
2 J. Habermas – Joseph Ratzinger, Etica, religione e Stato liberale, Morcelliana, Brescia, 2004.
 
3 J. Habermas, Teoria dell’agire comunicativo, Bologna, Il Mulino, 1986.
 
4 M. Nicoletti, Introduzione, in E.-W. Böckenförde, Cristianesimo, libertà, democrazia, Morcelliana, Brescia 2007, pp. 16-17
 

5 Cfr. E.-W. Böckenförde, L’ethos della democrazia moderna e la Chiesa, in Cristianesimo, libertà, democrazia.

 




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