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06/08/2016
Il “partito del referendum” cerca nuovi spazi tra i moderati
La “riforma”, scritta dentro l’assolutizzazione della governabilità, non a caso “svuota”, dentro una precisa logica centralista, la possibilità di condivisione delle decisione e un reale riconoscimento degli spazi di democrazia.

Il “partito del referendum” - per usare la formula partorita da “Il Foglio”, che si candida a esserne la voce sul fronte destro – cerca di conquistare spazi tra i moderati ponendo al centro i temi della responsabilità e della stabilità. Secondo questi sostenitori esterni e tattici del renzismo fattosi costituente, la bocciatura nelle urne della “riforma” infierirebbe un colpo molto duro alla solidità delle istituzioni nazionali, al loro peso internazionale e, tanto per non farsi mancare niente, alle possibilità di ripresa. Ci si dovrebbe aspettare, insomma, una sorta di diluvio capace di inabissare lo Stivale, se i cittadini dovessero opporre resistenza alla mutazione della Carta nel senso della governabilità non certo sgradita a certi “poteri forti”. Ancora una volta, è già accaduto in tempi recenti con la teorizzazione della indispensabilità dei “podestà stranieri”, ci troviamo a fare i conti con un’ideologizzazione della responsabilità. Una narrazione che comporta, per quanto è certo che la natura della democrazia non può non essere temperata da elementi tecnocratici, tende a perseguire un indebolimento della sovranità popolare. Quasi che il voto, una sua possibilità e il suo esito, dovesse essere sottoposto a un rating sulla propria sostenibilità da parte di poteri non eletti. La “riforma”, scritta dentro l’assolutizzazione della governabilità, non a caso “svuota”, dentro una precisa logica centralista, la possibilità di condivisione delle decisione e un reale riconoscimento degli spazi di democrazia. Non può bastare a renderla accettabile l’assunto che trattandosi di una riforma, seppur per noi e per molti tra virgolette, dovrebbe essere buona di per sé. Il “no” liberal-popolare a questa destrutturazione della Costituzione (ben lungi l’originale dall’essere un vertice di bellezza, anche per certe intercorse modifiche) può rappresentare, quindi, una possibilità di costruzione di una vasta area d’alternativa alla renzismo. Un “no” originale e non subalterno alla culture fondate sull’intangibilità della Carta può non solo convocare un popolo che non ha mai smesso di esistere (quello che ha scelto il centrodestra come proprio riferimento in quest’ultimo ventennio), ma anche porre le basi per una nuova forza politica capace di proporsi come soggetto di governo. Una forza che può tenere insieme la difesa della qualità della democrazia e una giusta declinazione della sovranità, autenticamente riformatrice (con l’obiettivo di concretizzare una democrazia decidente, ciò senza paura dei “corpi intermedi” visti come patrimonio). Il “no” sostenuto in questa identità e con quest’approccio rappresenta, perciò, un lavoro di autentica riabilitazione della politica. Una sfida che non può non vedere protagonisti i soggetti popolari che non vogliono cedere alla riduzione della società a sommatoria di individui.

Marco Margrita

 

 




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