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20/05/2016
Il “partito del referendum”
L’informazione giocherà un ruolo importante in questo referendum, che rischia di essere trasformato in un plebiscito

Su “Il Foglio”, candidamente il direttore Claudio Cerasa parla di un prossimo venturo “Partito del referendum”. Il successore di Giuliano Ferrara scrive che “intorno al referendum costituzionale sta nascendo un nuovo partito trasversale che nei prossimi mesi diventerà il terreno su cui il presidente del Consiglio proverà a far maturare quello che in molti fingono di non vedere e che però esiste. Tu chiamalo se vuoi Pdr. Tu chiamalo se vuoi il primo embrione del partito della nazione renziano”. Nel suo pezzo elenca una larga fetta del “bel mondo” che di riffa o di raffa si appresta a convergere sul Sì alla “riforma” renziana. Un’elite che sembra assai interessata a veder approvata la riscrittura centralista e sois disant decisionista della Costituzione. Un elenco che vorrebbe sostanziare quale sia la “parte giusta della storia”, l’unica nella quale sia giusto accomodarsi. Che tiri un’aria di normalizzazione è un dato di fatto. Per dire, a “Libero” il Feltri nazarenico è stato chiamato a sostituire il riottoso Belpietro. L’idea prevalente è quella di un concordato con il renzismo galoppante (quanto galoppante, in realtà, inizieranno a dircelo le amministrative). L’informazione giocherà un ruolo importante in questo referendum, che rischia di essere trasformato in un plebiscito (a tutto danno di una discussione nel merito delle questioni). Una prova l’abbiamo avuta con la strumentalizzazione dell’articolo di padre Francesco Occhetta  su “Civiltà Cattolica”. I media mainstream  si sono affrettati a trasformare in un endorsement  per il Sì la riaffermazione del valore di questa consultazione (che, ben letta, potrebbe sembrare più una tirata d’orecchie al premier che un acritico plauso). Si scrive infatti che il referendum potrebbe rappresentare  “l’occasione per rifondare intorno alla Costitu­zione la cultura politica del Paese. Non si tratta di un voto favorevole o contrario al Governo, ma di qualcosa di più e di diverso, che ri­guarda l’identità della democrazia”. Il potente “Partito del referendum”, che davvero sembra esistere ma non pare una buona notizia, appare dotato di amplificatori numerosi e agguerriti.

Non a caso gli stessi che hanno sostenuto lo stravolgimento della famiglia naturale e costituzionale. Il disegno complessivo è quello di disarticolare tutte le comunità (dalla famiglia alle associazioni, passando per gli Enti locali) per consegnare al potere delle individualità spogliate di ogni appartenenza. Con l’illusione, forse, che il processo decisionale sarà più rapido, ma senza rendersi conto che lo stesso così diventa molto influenzabile dal lobbismo.  O magari sì, sapendolo. E scommettendoci sopra. Ravvisare questi pericoli non vuol dire accodarsi ai cantori della “Costituzione più bella del mondo”, che la nostra non lo è. Non trasforma automaticamente in partigiani dell’intoccabilità della Carta.  Non volerlo essere, però, con buona pace dei simpatici foglianti, non può voler dire accettare ogni cambiamento purchessia. Come ha fatto recentemente notare Robi Ronza, la soluzione altra per un ridisegno istituzionale ci sarebbe e consisterebbe in “una riorganizzazione basata su competenze ben distinte per ogni livello di governo e sul nesso necessario tra autonomia e responsabilità fiscale. Intendendo per responsabilità fiscale il principio secondo cui ogni ente di governo finanzia le proprie spese solo e soltanto con le imposte che è in grado di raccogliere sul proprio territorio, salvo limitate compensazioni a titolo di solidarietà all’interno di ogni livello di autonomia: ovvero tra le Regioni fra loro o rispettivamente tra i comuni di una medesima Regione. E’ questo un meccanismo che, come tutte le esperienze autenticamente federali dimostrano, spinge tutti a spendere meglio e quindi meno. Anche perché i territori – che se spendono meglio sono liberi di tassare meno – per questo entrano in positiva concorrenza tra di loro”. La soluzione starebbe in un “federalismo solidale”  plasmato sulla sussidiarietà. Qualcosa di molto diverso da quanto la “riforma” Renzi-Boschi propone e il “partito trasversale del Sì al referendum” dimostra di voler imporre come “migliore dei mondi possibili” (facendosi dei giornali dei volterriani Pangloss).

Marco Margrita




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